L’ho conosciuto su un sito di incontri. Mi era sembrato l’uomo che avevo sempre aspettato: intelligente, educato, capace di scrivere con grazia e di corteggiare con le parole.
Passavamo ore a parlare, e io mi sorprendevo a sorridere davanti allo schermo, rileggendo i suoi messaggi. Con lui mi sentivo importante, desiderata, quasi speciale.
Quando finalmente mi invitò a uscire, accettai senza pensarci due volte. Il cuore mi batteva all’impazzata mentre mi preparavo: indossai il mio vestito più bello, sistemai i capelli, mi truccai con cura. Pensavo che quella serata avrebbe potuto cambiare la mia vita.
Entrai nel ristorante con un sorriso leggero, cercando di mostrarmi sicura. Ma appena lo vidi seduto al tavolo, qualcosa dentro di me si incrinò. Mi accolse non con gioia o calore, ma con uno sguardo lungo e sprezzante, che mi scrutò dalla testa ai piedi. Nei suoi occhi non c’era curiosità, solo disprezzo.
Le mie mani iniziarono a tremare, ma mi avvicinai comunque, fingendo calma. Lui, invece, non fece alcuno sforzo per nascondere la sua cattiveria.
— Ma cosa ti sei messa addosso? — disse arricciando il naso. — Ti esce tutto, la pancia, i fianchi… non ti vergogni un po’?

Rimasi immobile, come se qualcosa mi si fosse spezzato nel petto.
— È il vestito migliore che ho, — risposi piano.
Lui scoppiò in una risata fragorosa, così forte che le persone ai tavoli vicini si voltarono a guardare.
— Questo è il tuo migliore? Dio, non voglio nemmeno immaginare come siano gli altri stracci che hai nell’armadio!
Sentivo le lacrime bruciarmi gli occhi, ma non smetteva.
— Perché mi hai scritto, eh? Pensi che uno come me possa uscire con una come te? Ti dico subito che non ho nessuna intenzione di pagare per te. Mi basta averti vista di persona per pentirmene già.

La sua voce era tagliente, velenosa. Parlava apposta a voce alta, perché tutti potessero sentire. Ogni parola era come uno schiaffo. E io non riuscivo a capire: era davvero lo stesso uomo con cui avevo parlato fino a notte fonda? Quello che scriveva di sentimenti, sogni, rispetto? Davanti a me c’era un estraneo crudele, arrogante, disgustoso.
— “Amore, mi manchi… non vedo l’ora di incontrarti…” — mi imitò con voce nasale e ridicola. — E tutto questo solo per mostrarmi la tua faccia pietosa? Mi viene il voltastomaco a starti vicino!
In quel momento, dentro di me qualc
osa scattò. Le lacrime sparirono, lasciando spazio a una rabbia fredda, lucida. Non sarei stata la sua vittima. Non più.

Proprio in quell’istante un cameriere passò accanto al tavolo con un vassoio: sopra c’era una zuppa di tom yam, rossa e fumante. Senza pensarci, presi la ciotola direttamente dal vassoio — e prima che lui potesse reagire, gli rovesciai tutto il contenuto in testa.
Si udì un urlo acuto, poi un coro di grida. Lui balzò in piedi, afferrandosi il viso, mentre il profumo piccante delle spezie si diffuse per tutto il locale. Tutti si voltarono: alcuni scioccati, altri trattenendo a stento le risate.

Io, invece, mi raddrizzai, con la calma di chi non ha più nulla da perdere. Lo guardai dall’alto in basso e dissi, con voce fredda e ferma:
— L’uomo pagherà per tutto.
Poi, senza abbassare lo sguardo, mi voltai e uscii lentamente dal ristorante, sotto lo sguardo stupito dei clienti e le risatine divertite di qualcuno.
Lui rimase lì, con il vestito zuppo, il viso rosso e gli occhi pieni di rabbia e vergogna. Io, invece, camminai verso casa con la testa alta.
Sì, avevo pianto all’inizio. Ma quella sera avevo imparato una lezione preziosa: non c’è vendetta più elegante che restituire l’umiliazione con dignità — e lasciare chi ti ha ferita immerso nel ridicolo che lui stesso ha creato.

Al primo appuntamento, un uomo mi ha chiamata grassa e patetica, umiliandomi davanti a tutto il ristorante — ma la mia vendetta lo ha fatto pentire di ogni parola…
L’ho conosciuto su un sito di incontri. Mi era sembrato l’uomo che avevo sempre aspettato: intelligente, educato, capace di scrivere con grazia e di corteggiare con le parole.
Passavamo ore a parlare, e io mi sorprendevo a sorridere davanti allo schermo, rileggendo i suoi messaggi. Con lui mi sentivo importante, desiderata, quasi speciale.
Quando finalmente mi invitò a uscire, accettai senza pensarci due volte. Il cuore mi batteva all’impazzata mentre mi preparavo: indossai il mio vestito più bello, sistemai i capelli, mi truccai con cura. Pensavo che quella serata avrebbe potuto cambiare la mia vita.
Entrai nel ristorante con un sorriso leggero, cercando di mostrarmi sicura. Ma appena lo vidi seduto al tavolo, qualcosa dentro di me si incrinò. Mi accolse non con gioia o calore, ma con uno sguardo lungo e sprezzante, che mi scrutò dalla testa ai piedi. Nei suoi occhi non c’era curiosità, solo disprezzo.
Le mie mani iniziarono a tremare, ma mi avvicinai comunque, fingendo calma. Lui, invece, non fece alcuno sforzo per nascondere la sua cattiveria.
— Ma cosa ti sei messa addosso? — disse arricciando il naso. — Ti esce tutto, la pancia, i fianchi… non ti vergogni un po’?
Rimasi immobile, come se qualcosa mi si fosse spezzato nel petto.
— È il vestito migliore che ho, — risposi piano.
Lui scoppiò in una risata fragorosa, così forte che le persone ai tavoli vicini si voltarono a guardare.
— Questo è il tuo migliore? Dio, non voglio nemmeno immaginare come siano gli altri stracci che hai nell’armadio!
Sentivo le lacrime bruciarmi gli occhi, ma non smetteva.
— Perché mi hai scritto, eh? Pensi che uno come me possa uscire con una come te? Ti dico subito che non ho nessuna intenzione di pagare per te. Mi basta averti vista di persona per pentirmene già.
La sua voce era tagliente, velenosa. Parlava apposta a voce alta, perché tutti potessero sentire. Ogni parola era come uno schiaffo. E io non riuscivo a capire: era davvero lo stesso uomo con cui avevo parlato fino a notte fonda? Quello che scriveva di sentimenti, sogni, rispetto? Davanti a me c’era un estraneo crudele, arrogante, disgustoso.
— “Amore, mi manchi… non vedo l’ora di incontrarti…” — mi imitò con voce nasale e ridicola. — E tutto questo solo per mostrarmi la tua faccia pietosa? Mi viene il voltastomaco a starti vicino!
In quel momento, dentro di me qualcosa scattò. Le lacrime sparirono, lasciando spazio a una rabbia fredda, lucida. Non sarei stata la sua vittima. Non più.
Proprio in quell’istante un cameriere passò accanto al tavolo con un vassoio: sopra c’era una zuppa di tom yam, rossa e fumante. Senza pensarci, presi la ciotola direttamente dal vassoio — e prima che lui potesse reagire, gli rovesciai tutto il contenuto in testa.…👇 👇 Continua nel primo commento sotto la foto 👇👇
